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Dall’osanna alla Croce, il cammino d’amore verso la Pasqua

Pubblicato il: domenica 13 Aprile 2025

«La folla numerosissima stese i suoi mantelli sulla strada, mentre altri tagliavano rami dagli alberi e li stendevano sulla via. La folla che andava innanzi e quella che veniva dietro gridava: “Osanna al figlio di Davide! Benedetto colui che viene nel nome del Signore! Osanna nel più alto dei cieli!” Entrato Gesù in Gerusalemme, tutta la città fu in agitazione e la gente si chiedeva: “Chi è costui?” E la folla rispondeva: “Questi è il profeta Gesù, da Nazaret di Galilea». Matteo 21:8-11

Gesù, che fino a quel momento aveva sempre camminato a piedi per le strade della Galilea, della Samaria e della Giudea, questa volta per entrare a Gerusalemme, predilige un umile asinello. Un animale presente nella Bibbia, che evidenzia la libertà e umiltà. L’umiltà, quella virtù che apre alla verità.

In quel luogo Santo, dove la gente lo osannava, non sarebbe stato impossibile per Gesù fomentare il popolo alla rivolta o all’insurrezione, in vista anche di quello che lo aspettava. Al contrario, Lui scelse di annunciare al mondo la “rivoluzione della pace e dell’amore”.

Con la Domenica delle Palme ha inizio la Settimana Santa, la settimana in cui Gesù tocca il picco di umanità, caricandosi sopra di sé i peccati, le miserie, le piaghe dell’uomo, fino alla Croce, quella che gli ebrei consideravano la morte per i peggiori criminali.

Ed è proprio per questo che la Settimana Santa deve invitarci ad una profonda riflessione. È il tempo in cui non dobbiamo solo ricordare la passione, la morte e la Resurrezione, ma dobbiamo viverla nei tanti gesti del quotidiano, con la preghiera, nel perdonare, nella carità verso gli altri. Ogni momento, ogni rito di questa settimana, ci testimoniano che Lui è il Figlio di Dio, dalla lavanda dei piedi che testimoniano l’umiltà, all’Ultima Cena, un invito a fare dono di sé agli altri, come ha fatto Lui: “Fate questo in memoria di me”, alla passione, tra le debolezze, le incomprensioni, i tradimenti dei discepoli, fino alla Croce. Poi come accade agli uomini, la morte del corpo. Ma non finisce qui, la sua discesa agli inferi, al regno della morte, per liberare dalla prigionia del peccato e delle nefandezze l’uomo. Per poi, nel giorno di Pasqua, tornare vittorioso tra gli uomini, una vittoria conseguita non con le armi, ma con il sacrificio della propria vita.

Andiamo verso la Pasqua con il cuore aperto e disponibile a vivere questo grande mistero di salvezza.

«Perché tu sei prezioso ai miei occhi» (Is 43,4)

Pubblicato il: venerdì 28 Marzo 2025

Questa Parola risuona con forza nei nostri cuori e ci ricorda che Dio ci ama di un amore personale, unico, irripetibile. È Lui che ha guidato ogni nostro passo con la Sua grazia, conducendoci fino a questo giorno benedetto. Davanti a un dono così grande, sentiamo che non possiamo custodirlo solo per noi: siamo chiamate a essere strumenti vivi e trasparenti del Suo amore, ponti che avvicinano i cuori a Dio, testimoni credibili della Sua misericordia.

«L’anima mia magnifica il Signore

e il mio spirito esulta in Dio, mio Salvatore» (Lc 1,46-47).

In questo giorno speciale, 25 marzo 2025, uniamo la nostra gioia a quella della Chiesa intera nella celebrazione della Solennità dell’Annunciazione del Signore. Come Maria, che con il suo “Sì” ha accolto il progetto di Dio per la salvezza del mondo, anche noi, con cuore colmo di gratitudine, rinnoviamo il nostro “Sì” al Signore, per tutta la vita.

Questa giornata ha per noi un significato ancora più profondo: celebriamo anche la festa della nostra Congregazione, “Il Verbo si fece carne”, in quest’anno giubilare in cui camminiamo come Pellegrini della Speranza.

La celebrazione è stata presieduta con gioia da Padre Mario Carlo Zanotti e concelebrata da numerosi sacerdoti, alla presenza del popolo di Dio e delle nostre sorelle, nella cappella della Casa Madre, dove riposa il corpo dell’umile Serva di Dio, Madre Carla Borgheri. La sua intercessione ci accompagna ogni giorno, la sua testimonianza ci sostiene e ci ispira.

Abbiamo ascoltato con fede e commozione l’omelia, che ci ha ricordato:
«La Divina Eucaristia è il prolungamento dell’Incarnazione: lì dobbiamo raccogliere tutta la nostra vita, la nostra giornata – amore, adorazione, ringraziamento – custodirla per essere custoditi dal Signore».

Un momento particolarmente toccante è stato quello in cui, indossando l’abito religioso, le campane hanno suonato a festa, ricordandoci che «Il Verbo si è fatto carne». È stato un richiamo potente alla nostra consacrazione: Dio ci ha scelte e consacrate per essere portatrici del Suo amore, segno visibile della Sua presenza nel mondo.

Pur non avendo accanto le nostre famiglie d’origine, abbiamo sentito forte la consolazione della Parola di Dio:

«Chiunque avrà lasciato case, o fratelli, o sorelle, o padre, o madre, o figli, o campi per il mio nome, riceverà cento volte tanto e avrà in eredità la vita eterna» (Mt 19,29).
In questa promessa abbiamo trovato conforto, e nella grande famiglia delle SMI abbiamo sperimentato un amore che accoglie, sostiene e custodisce.

Signore Gesù, Tu ci hai chiamate per nome.

La Tua tenerezza, la Tua vicinanza e il Tuo amore ci sostengono in ogni momento.
Con cuore fiducioso, Ti affidiamo tutta la nostra vita:

la Tua grazia e il Tuo amore ci bastano.

TI AMO, O MIO GESÙ.

Le neo professe

Imparare a giubilare. Il pellegrinaggio interdiocesano alla Basilica Papale di San Paolo Fuori le Mura

Pubblicato il: lunedì 24 Marzo 2025

La Diocesi di Frascati insieme alla Diocesi di Velletri-Segni, unite in persona episcopi S.E. Mons. Stefano Russo, ha attraversato sabato mattina la Porta Santa della Basilica Papale di San Paolo Fuori le Mura partecipando, così, al giubilo di tutta la Chiesa universale in questo Anno Santo della Speranza.

Durante la celebrazione eucaristica, Mons. Russo ha svelato ai fedeli un’icona iscritta con Gesù Salvatore circondato dai Santi Filippo e Giacomo, patroni della Diocesi tuscolana, e dai Santi Clemente e Bruno, patroni della Diocesi di Velletri-Segni, e il versetto del Vangelo di Giovanni (15, 9) “Rimanete nel mio amore” e, come ha detto il Vescovo, è quello che le due Diocesi vogliono fare.

Amore e giubilo. Due termini difficili da separare perché chi ama è felice di donare il proprio amore e chi è amato è felice di sentirsi beneficiario di tale dono. E come si declina, allora, questo dittico con il passaggio della Porta Santa, con un cammino che può essere aspro, difficile e che a volte viene oscurato dallo sconforto? C’è un impostazione importante che non dobbiamo dimenticare: per entrare in Basilica, dal greco “casa del Re”, non serve bussare; la porta è spalancata.

Il dettaglio sembrerebbe ovvio, ma non lo è perché testimonia come il Signore ci aiuti a rimanere nel suo Amore, a rimanere con Lui, anche quando usciamo dalla Sua casa: sappiamo che quella porta rimane spalancata, pronta a farci rientrare alla presenza del Re con la grazia della Sua misericordia e della Sua accoglienza.

E vi è di più. Perché non mettere un portiere o un pulsante per l’apertura automatica? Sarebbe più pratico, no? Perché, invece, la porta rimane spalancata, anche con la pioggia, come quella che ieri mattina ha accolto i fedeli? Nel Vangelo di Luca (15, 11-32), che ieri è stato letto durante la Santa Messa, c’è un’espressione che può aiutarci a capire il motivo di un’apertura tanto serrata: “Quando era ancora lontano il padre lo vide e commosso gli corse incontro”. Il Re, dalla propria casa, scruta, da quella porta spalancata, lontano verso tutti quei figli di cui attende la visita, il ritorno o la conoscenza. E quando li scruta in lontananza commosso corre incontro loro verso quella porta spalancata.

Rimanete nel mio Amore. […] Questo vi ho detto perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena” (Gv 15, 9 e 11).

Matteo Verzaro

San Giuseppe: Modello di Fede

Pubblicato il: mercoledì 19 Marzo 2025

Maria e Giuseppe rappresentano il passaggio dalla promessa e dall’attesa all’attuazione del progetto divino. Sebbene Gesù sia stato generato per opera dello Spirito Santo, Giuseppe è stato il padre putativo a cui Dio ha affidato il compito di accogliere e crescere il Salvatore; la sua stirpe era stata prescelta proprio per questo.

Il profeta Isaia disse:

«Un germoglio spunterà dal tronco di Iesse (Davide), un virgulto germoglierà dalle sue radici; su di lui si poserà lo spirito del Signore, spirito di sapienza e d’intelligenza, spirito di consiglio e di fortezza, spirito di conoscenza e di timore del Signore»

Ma chi è stato veramente il mite e umile Giuseppe? Spesso il concetto di semplicità e mitezza di cuore viene erroneamente associato alla debolezza, quasi a una sorta di paura! Al contrario, Giuseppe è stato l’esatto opposto di tutto questo.

Per noi cristiani, specialmente in questo drammatico momento storico segnato da violenze, guerre, vendette sanguinose, sete di dominio e potere, Giuseppe rappresenta la forza, il coraggio, la speranza e la fede di un uomo giusto e saggio. Non si lasciò accecare dalla rabbia o dalla vendetta, nemmeno di fronte alla possibilità che la sua promessa sposa fosse incinta di un altro. Spesso la gelosia degli uomini, ieri come oggi, offusca la ragione e il rispetto per la propria compagna di vita.

Giuseppe non solo amava Maria nel profondo del suo cuore, ma la rispettava profondamente. Quando rifletteva se ripudiarla in silenzio, in lui non vi era né giudizio né condanna.

L’annuncio dell’angelo:

«Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa, perché ciò che è generato in lei viene dallo Spirito Santo. Ella partorirà un figlio e tu lo chiamerai Gesù, poiché egli salverà il suo popolo dai suoi peccati» (Mt 1,20-21).

Di fronte a tale rivelazione, che per qualcuno sarebbe potuta sembrare solo un sogno, Giuseppe non ebbe dubbi né esitazioni: accettò il progetto di Dio con la consapevolezza che la sua vita sarebbe cambiata per sempre. Avrebbe dovuto crescere il Figlio di Dio! È difficile immaginare cosa sia passato nella mente di un uomo di fronte a un annuncio del genere. Qualcuno, forse, si sarebbe sentito non solo impaurito, ma anche incapace di sostenere una missione così grande.

Ma la grande forza di Giuseppe, un carpentiere e non semplicemente un povero falegname, è stata quella di saper superare paure, timori e pregiudizi, accettando con speranza e fede ciò che Dio gli aveva riservato. Sono pochi i passaggi del Vangelo in cui si fa riferimento a Giuseppe e non conosciamo con certezza il suo destino, ma resta il fatto che questa figura è spesso dimenticata o considerata secondaria nell’attuazione del progetto divino. Perfino in molti affreschi di artisti e pittori che ritraggono Gesù e Maria, Giuseppe è assente. Eppure, egli deve essere per noi un grande testimone di fede!

Impariamo a ricordare San Giuseppe non solo il 19 marzo, ma in tutti quei momenti della nostra vita in cui siamo chiamati a prendere decisioni importanti o ad affrontare periodi difficili in famiglia. Egli non è stato solo un esempio di paternità, di sposo rispettoso e dedito alla famiglia, ma un modello per ogni vocazione, inclusa quella religiosa.

Un augurio a tutti i papà, affinché, guardando a San Giuseppe, possano essere strumenti di speranza e fede per le proprie famiglie.

In questa giornata speciale, un augurio sincero e speciale va al nostro Santo Padre Francesco. Come San Giuseppe, possa essere sempre guidato dallo Spirito di Dio e continuare a essere un faro per noi tutti.

Guarisci presto, Papa Francesco, e torna in mezzo a noi!

Insieme in cammino verso la Pasqua

Pubblicato il: martedì 11 Marzo 2025

Cos’è la Quaresima per un cristiano? È un cammino condiviso verso la Pasqua. E proprio nel camminare insieme si racchiude tutta la vita terrena di Gesù.

Lui si è fatto uomo, ha toccato con mano le nostre miserie, ha percorso le strade del mondo annunciando l’amore e la misericordia. Ha perdonato, ha guarito le ferite dell’anima e del corpo, ha risuscitato i morti. E alla fine, non è salito su un trono, ma su una Croce.

La Croce, simbolo di condanna e di vergogna per il popolo ebraico, è diventata invece il segno della nostra Identità. Perché proprio dalla Croce è scaturita la Vita Nuova. E Gesù ce lo ha detto chiaramente: “Io sono la Via, la Verità e la Vita”.

La Quaresima è un percorso verso una Nuova Vita.

Spesso pensiamo che digiunare o mortificarci siano i modi migliori per prepararci alla Pasqua. Ma Dio non cerca la nostra sofferenza: Lui vuole che ci liberiamo dalla frenesia, del mondo, che ci fermiamo, preghiamo. Saltare un pasto? Perché no! Ma non come un peso, bensì con la gioia nel cuore, perché la vera Quaresima è la gioia del donarsi.

La parabola del Buon Samaritano ci aiuta a comprendere questo:

“Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico, e s’imbatté nei briganti che lo spogliarono, lo ferirono e poi se ne andarono, lasciandolo mezzo morto. Per caso un sacerdote scendeva per quella stessa strada, ma quando lo vide, passò oltre dal lato opposto. Così pure un Levita, giunto in quel luogo, lo vide, ma passò oltre dal lato opposto. Ma un Samaritano, che era in viaggio, giunse presso di lui e, vedendolo, ne ebbe pietà; avvicinatosi, fasciò le sue piaghe versandovi sopra olio e vino, poi lo mise sulla propria cavalcatura, lo condusse a una locanda e si prese cura di lui. Il giorno dopo, presi due denari, li diede all’oste e gli disse: “Prenditi cura di lui; e tutto ciò che spenderai di più, te lo rimborserò al mio ritorno”

Il Samaritano non si è limitato ad aiutare sul momento, ha pensato anche al futuro di quell’uomo. E così anche la nostra Quaresima non deve fermarsi al digiuno o preghiera, o accenni di carità, deve trasformarsi in un impegno concreto e costante, per una vita, vissuta nel servizio agli altri.

Madre Carla è stata proprio questo un esempio di vita donata, ha saputo incarnare questo spirito. Lei non si è limitata alla carità dell’istante, ma ha costruito un futuro per chi non ne aveva uno. Con il suo impegno instancabile, ha lasciato una testimonianza vivente alle sue e nostre suore, che continuano la sua straordinaria e pulsante opera di donarsi agli altri, con la Gioia del Risorto.

Buona e Santa Quaresima

XXXIII Giornata Mondiale del Malato

Pubblicato il: venerdì 14 Febbraio 2025

Dalle parole del Santo Padre, Papa Francesco, di qualche giorno fa: “Celebriamo la XXXIII Giornata Mondiale del Malato nell’Anno Giubilare 2025, in cui la Chiesa ci invita a farci pellegrini di speranza”.

Perché mai il Santo Padre definisce questa una giornata di speranza? Perché chi opera con i malati, con gli anziani e con le loro malattie degenerative, dona speranza ogni giorno a vite spesso segnate dalla sofferenza e dalla solitudine. Spesso non sono solo le cure mediche a dare sollievo al dolore: occorrono una carezza, un sorriso, una parola di conforto che infondano fiducia e calore umano.

L’11 febbraio 2025, presso le Suore Missionarie dell’Incarnazione di Vermicino, dove sono ospitate le nostre mamme, abbiamo celebrato questa speciale Festa della Speranza. Un pomeriggio iniziato con la Santa Messa, celebrata tra canti e preghiere in un’atmosfera familiare e raccolta. Poi, la condivisione di un momento conviviale, fatto di dolci e pietanze preparate con amore.

Le nostre mamme? Tutte gioiose e serene

Su Planu: concerto di beneficenza per la missione

Pubblicato il: lunedì 10 Febbraio 2025

Nella parrocchia dello Spirito Santo una serata di musica e solidarietà

Sabato 8 febbraio la parrocchia Spirito Santo di Su Planu, ha ospitato il concerto di beneficenza dell’Ensemble Chorus Project Luigi Rachel di Quartu Sant’Elena, diretto dal maestro Giacomo Medas e del coro del gruppo folk «Città di Dolianova», diretto dalla maestra Maria Elisabetta Agus.

Le due corali si sono esibite per sostenere la costruzione di una scuola materna nella missione di Boassa, in Burkina Faso, dove operano le Suore Missionarie dell’Incarnazione, accogliendo l’invito di suor Lovely che opera nella comunità parrocchiale selargina.

È stata lei ad introdurre la serata, portando i saluti della Madre generale, suor Carmela Cataldo, che non ha potuto presenziare per motivi di salute.

La voce delle suore

«Boassa – ha detto suor Lovely – è un villaggio povero, dove manca del tutto l’acqua, il cibo e la corrente elettrica. Solo durante il tempo delle piogge è possibile coltivare la terra e il poco raccolto viene conservato anche per il lungo tempo della siccità».

Il progetto

Lo scopo della raccolta delle offerte è la costruzione di una scuola materna, che possa permettere la scolarizzazione a partire dai bambini più piccoli, ma anche aiutare tutte le donne del villaggio nella loro formazione.

La maggior parte dei piccoli non va a scuola perché costretta a cercare l’acqua e il cibo lontano dal proprio villaggio.

Nel terreno acquistato 10 anni fa è stata costruita una casetta, che accoglie quattro consorelle missionarie, dove si svolge il catechismo, le attività del coro, l’animazione dei bambini e dei giovani ed è presente un gruppo vocazionale.

Il programma

I due cori intervenuti hanno proposto alcuni brani del loro repertorio, tra cui l’Adieumus di Karl Jenkins per l’Ensemble Chorus Project e S’aneddu di Bobore Nuvoli per il coro «Città di Dolianova».

In formazioni riunite è stato invece proposta la Ninna nanna de Anton’Istene di don Pietro Allori, composta nel 1969 su testo poetico di Antioco Casula, noto Montanaru.

Dopo i ringraziamenti e saluti finali del parroco don Giuseppe Camboni, la serata si è conclusa con un invito conviviale nell’oratorio di Su Planu, dove i due cori hanno regalato ulteriori esibizioni in amicizia e condivisione.

Susanna Musanti

Festa interdiocesana della Vita Consacrata: storie, volti e gesti di fede, speranza e carità

Pubblicato il: lunedì 3 Febbraio 2025

La Giornata Mondiale della Vita consacrata rappresenta sempre un momento speciale per la comunità religiosa, ma quest’anno, per la prima volta religiosi e religiose presenti nel territorio della diocesi di Velletri-Segni e Frascati lo hanno celebrato insieme nel pomeriggio di domenica 2 febbraio presso la parrocchia di san Giuseppe Lavoratore in località

Attorno al vescovo Stefano Russo la grande sala si è riempita di una folta presenza di persone che hanno donato la loro vita a Dio nelle più varie forme, ma tutti accomunati da una stessa scelta radicale di vita.

 Una “festa” è stata definita la serata: il tempo è volato in un’alternanza di canti e testimonianze, spaccati di vita che hanno dello straordinario.

  • Le suore di san Camillo – che rischiano la vita per i malati negli ospedali – come in tempo di Covid o altre malattie pericolose ;
  • Salesiani , che ancora oggi continuano il sogno di S. Giovanni Bosco, per incontrare i giovani oggi nel loro vissuto camminando accanto a loro, lavorando non come battitori liberi ma insieme, per far sì che i giovani “si sentano a casa” in una Chiesa che sia una famiglia accogliente;
  • le suore di Santa Marta, nate per raccogliere bambini orfani o abbandonati – in un ‘audace tentativo’ – e vivere in mezzo alla gente secondo le necessità, anziani, malati… in tante parti del mondo, ‘come Marta di Betania ha accolto Gesù;
  • i carmelitani con p. James del Kerala che, seguendo la voce chiara di Dio, ha lasciato la propria terra, si è donato in tante opere di giustizia sociale in un mondo fatto di caste chiuse, per dare dignità a tanti, fino ad arrivare in Italia, dove continua a testimoniare l’amore di Cristo;
  • le Suore Missionarie dell’Incarnazione, e la loro esperienza in spirito sinodale nel comunicare al mondo che Dio si è fatto carne, e l’impegno ad essere segni viventi di questa realtà, lasciando che Dio oggi prenda carne nelle situazioni concrete della vita.

E se altri avessero avuto il tempo di parlare, chissà quanti altri tesori avremmo potuto contemplare.

“Pennellate dello Spirito Santo” ha definito queste testimonianze il Vescovo Stefano, “come in un giardino fiorito di tanti colori” sottolineando l’importanza di ritrovarsi insieme come vita consacrata, in comunione fra tutti e invitando a sentirsi sempre più corresponsabili, gli uni verso gli altri, protagonisti.

Far sperimentare la Chiesa come famiglia, che tanti possano dire: ‘mi trovo a casa’ accogliendo tutti in Cristo.

È seguita la celebrazione presieduta dal Vescovo Stefano e numerosi religiosi sacerdoti, durante la quale è stata rinnovata la consegna della propria vita a Dio, che le letture della liturgia hanno mostrato.

Come ha detto il Vescovo:

“Il racconto della presentazione di Gesù al tempio parla di Maria e Giuseppe che portano Gesù al tempio: essi sono lì per consegnare la loro vita a Dio.

Un atto da ripetere ogni giorno che a sua volta ci fa ritrovare “rinnovati” in due aspetti in particolare:

rimanere stanziati, radicati nella nostra fede” e mettersi in cammino insieme verso Cristo chiedendogli “cosa vuoi da noi oggi affinché questa vita sia ancora espressione del tuo amore?” 

Lo Spirito Santo suggerisce strade nuove, spesso faticose e contrarie alla corrente, ma che continuano ad annunciare Gesù”.

Il vescovo ha proseguito poi con un’osservazione particolare:

“Anna e Simeone sono ‘anziani’ – come possiamo riscontrare anche nelle nostre comunità – eppure hanno avuto un ruolo importantissimo in quel momento. Allora anche noi, se acquistiamo gli occhi del bambino evangelico, in qualsiasi età riscopriremo l’azione di Dio. Lasciamoci rinnovare dall’Amore di Dio e facciamo gesti concreti che ci fanno annunciatori di Cristo”. 

Ci rimane la gratitudine a Dio per il dono della vita consacrata, per la gioia della conoscenza reciproca che ha permesso di imparare gli uni dagli altri rafforzando la comunione, per aver potuto contemplare la multiforme azione dello Spirito Santo, che di tempo in tempo ha arricchito la Chiesa di carismi, luci uniche e originali che non vivono per sé stesse ma illuminano e nutrono tutta la cristianità, componendo l’unico Corpo di Cristo.

L’Epifania del Signore

Pubblicato il: venerdì 10 Gennaio 2025

L’Epifania del Signore, simboleggia la rivelazione della divinità di Cristo al mondo intero, al di là delle culture e religioni, è l’universalità, l’incontro del messaggio di Gesù di speranza e salvezza a tutta l’umanità, “Non c’è più giudeo né greco; non c’è più schiavo né libero; non c’è più uomo né donna, poiché tutti voi siete uno in Cristo Gesù”.

I tre re Magi simboleggiano proprio questo, tre umanità diverse tra loro che seguono una stella, si una stella, una delle meraviglie del Creatore, per incontrare, donare ed adorare il “Dio con noi”.

Domenica 5 gennaio presso la casa di riposo di Vermicino, le nostre suore hanno saputo cogliere anche stavolta il messaggio di questa rivelazione universale e del dono per tutti, organizzando una grande e bellissima festa. Balli, canti, musiche provenienti dalle più svariate parti della terra, e poi doni per tutti, senza alcuna differenza, per le nostre suore, per noi figli e nipoti e poi per le nostre mamme, qualcuna attenta, qualcuna un po’ meno, ma tutte con la gioia negli occhi, quella gioia pura, che forse hanno provato anche i re Magi alla vista del piccolo Gesù. È stato un incontro tra il sacro e l’umano, quell’umano fatto di una tombolata, di tante buone prelibatezze culinarie, e poi una bellissima befana, con le scarpe tutte rotte e con il vestito alla romana. Poi ammettiamolo pure, dove c’è l’allegria, l’armonia, la pace dell’incontro, lì c’è lo Spirito di Dio!

Dallo scarto alla vita nuova

Pubblicato il: martedì 24 Dicembre 2024

Natale è la festa degli umili e dei semplici, perché Dio si manifesta nella semplicità e nella povertà. Egli accetta l’umiltà e la fragilità della nostra storia personale, viene e supera tutte le distanze, si fa vicino a noi, come le cose più semplici e quotidiane dell’esistenza. È lo stile di Dio quello di scegliere ciò che al mondo è scartato e marginato per ridare nuova vita e renderla più preziosa.

Questo ci insegna il mistero dell’Incarnazione, e questo è il messaggio che ho voluto dare con il mio presepe Dallo scarto alla vita nuova, esposto questi giorni tra i 100 Presepi in Vaticano.

Il mio presepe illustra proprio il Mistero che da sempre affascina e attrae l’umanità. Dio ci parla con la tenerezza e il linguaggio di un Bambino, ci insegna ciò che è essenziale per la nostra vita.

Il titolo Dallo scarto alla vita nuova richiama alle grandi sfide attuali in un mondo che affronta continue sfide – sociali, economiche e ambientali -, ci ricorda che ciò che sembra perduto o scartato può essere accolto e trasformato in una realtà preziosa. Porta un messaggio di speranza e di rinascita.

L’opera mette la Grotta della Natività al centro di tutto, è l’unico luogo che non ha una porta, questo significa che il cuore è chiamato a non essere chiuso, ma aperto, libero, capace di accogliere tutti. Il pastore, il primo ad ascoltare il messaggio divino, risponde mettendosi in cammino portando con sé anche le pecore scartate verso la Grotta, per un incontro di amore e di stupore.

I mestieri riproposti nel presepe rappresentano la vita e ci richiamano a valorizzare la semplicità dell’attività quotidiana, a saper stare insieme, dove tutti si sentono fratelli e creano una comunità di pace.

Quando viviamo la fraternità alla luce del sacramento della povertà e della semplicità, impariamo a riconoscere in ogni persona il volto di Cristo, e così costruiamo una vita nuova, basata sulla giustizia, sull’amore e sul rispetto per ogni vita umana, specialmente per chi è più vulnerabile.

Si è fatta particolare attenzione all’utilizzo di materiale riciclato come il polistirolo, il legno di vecchie cassette di frutta, plastica, giornali, cartone, avanzi di stoffa ecc., dando prova che lo “scarto” può essere una risorsa in favore dell’impegno ecologico.

Il natale, allora, sia per tutti un’opportunità di rinascita. Spalanchiamo il cuore alla novità che Dio vuole realizzare con noi e attraverso di noi. Siamo tutti fratelli!

Celebrare il Natale è un invito alla speranza, e questa speranza è offerta a tutti, nessuno escluso. Auguri di buon Natale e un Anno giubilare carico di pace e gioia a tutti.

Sr. Loreda Spagnolo, SMI

“Dallo scarto alla vita nuova”, il presepe di Suor Loreda in Piazza San Pietro