Sono grata alle Suore Missionarie dell’Incarnazione per avermi dato la possibilità di scrivere questa mia riflessione sulla festività della Pentecoste, che tra pochi giorni andremo a ricordare, o meglio a celebrare. Sappiamo tutti che la Pentecoste cade cinquanta giorni dopo la Pasqua e ricorda un fatto storico ben preciso, realmente accaduto, a mio avviso importantissimo: la discesa dello Spirito Santo sulla Vergine Maria e sui dodici Apostoli, ormai chiusi nel cenacolo per paura ed incredulità. Si sentono soli, si sentono abbandonati dal loro Maestro, Lui che era il figlio di Dio, lo hanno visto appeso ad una Croce e sono fuggiti, lo hanno rinnegato, lo hanno tradito.
Anche se dopo la Resurrezione il Signore, il Risorto è apparso più volte, questo non basta: la delusione è tanta, lo spavento, il disorientamento prevalgono su tutto, perché gli Apostoli erano uomini, proprio come me e come te, e di fronte alla Croce hanno paura. Quante volte anche noi di fronte a situazioni di morte, a prove difficili della vita, mettiamo tutto in discussione e scappiamo… tante, tante volte. Da qui l’importanza della Pentecoste nella vita degli Apostoli e nella nostra vita: improvvisamente il loro cuore pavido, incapace di dare testimonianza si riempie di Amore, Forza, Coraggio, Sapienza, Certezza che quell’uomo inchiodato ad una Croce è Risorto. Sono certi di questo, escono dal cenacolo e lo gridano a tutte le genti, senza impedimento alcuno; sanno che vanno incontro alla morte, che rischiano il martirio, ma ormai lo spirito del Risorto ha pervaso la loro vita, la loro anima e rispondono a quella chiamata che sentono nel profondo del cuore: portare a tutto il mondo la buona notizia del Vangelo e lo fanno fino alla morte.
D’altronde la parola Apostolo significa proprio questo. Capiamo bene come dalla Pentecoste sia nata la Chiesa, perché se non ci fosse stata la predicazione dei Dodici, il Kerigma non sarebbe arrivato fino a noi e noi non avremmo creduto. E la Pentecoste per noi oggi cosa rappresenta? Solo un fatto storico da ricordare o una missione a cui il Signore ci chiama per essere suoi Apostoli? lo parlo ovviamente per esperienza personale: se io non avessi questo Spirito del Risorto dentro di me che mi guida, che mi parla, che mi sostiene, che mi illumina, io non potrei operare nella Chiesa. Porterei solo me stessa, la mia debolezza, la mia incoerenza ed i miei dubbi. Ma sento che il Signore mi chiama a passare oltre: vivere questa Pentecoste nella mia Vita, facendo spazio al suo Spirito, lasciandolo parlare ed operare attraverso la mia persona. Lo Spirito Santo è un grande dono che ci viene dal Cielo e come tale possiamo accettarlo o rifiutarlo, il Signore ci lascia liberi: certo è che quando l’Eterno ti tocca il cuore, la Vita ti cambia e tu con la tua testimonianza puoi cambiare il Cuore di coloro che ti stanno vicino. Il giorno di Pentecoste, durante la messa, leggiamo la Sequenza, una preghiera bellissima e molto antica della Chiesa. In questa Sequenza invochiamo lo Spirito Santo come Consolatore perfetto, come Ospite dolce della nostra Anima, come Conforto, Riposo, Aiuto ai nostri bisogni. Ecco mi piace terminare questa mia breve riflessione proprio con questa Preghiera, perché ho la certezza che nello Spirito Santo noi tutti possiamo trovare ciò di cui abbiamo bisogno: il Signore non ci ha lasciato soli ed orfani, ma cammina sempre al nostro fianco e sarà con noi tutti i giorni fino alla fine dei tempi. Questa è la nostra Fede, questa è la Fede di cui dobbiamo rendere testimonianza, sempre.
Rita Razza